Rinnovabili o petrolio?
Il mondo come lo conosciamo oggi è fondato sul consumo di energia elettrica.
Il metodo di produzione dell’energia elettrica risale ai tempi della rivoluzione industriale, nella seconda metà del 700. Il calore prodotto dalla combustione del legno o del carbone scaldava l’acqua in un serbatoio e produceva vapore che, chiuso in un cilindro, esercitava una forza (pressione) su un pistone mobile che, attraverso una biella, metteva in rotazione una barra (asse motore). L’invenzione poi dell’alternatore che sfrutta la rotazione di un avvolgimento di rame all’interno di un campo magnetico trasforma l’energia di rotazione dell’asse motore in energia elettrica.
Da allora, benché siano apparse varie sperimentazioni di cui quella che ancora oggi ha una applicazione concreta è la scissione nucleare, la maggior parte dell’energia elettrica prodotta, deriva sempre dall’energia termica liberata dalla combustione di una risorsa fossile.
Oggi come allora, per la produzione di energia elettrica si usano il vapore prodotto dal riscaldamento dell’acqua o il gas proveniente dalla combustione; entrambi vengono mandati su una turbina accoppiata con l’alternatore et voilà il gioco è fatto.
Ad eccezione quindi della scissione nucleare che sviluppa calore senza bruciare nulla, il calore lo otteniamo ancora dal fuoco! (Quale evoluzione da Neanderthal!!!). Certo, ultimamente si stanno presentando una serie di soluzioni che sfruttano il sole o il vento, ma a farla da padrone è ancora saldamente e indiscutibilmente il petrolio.
Dal legno al carbone, dal carbone al petrolio, eccoci all’inizio del nuovo millennio dove ancora domina il principio di 250 anni fa.
Certo, molti passi in avanti sono stati fatti per migliorare la resa dei cicli di combustione, ma il principio rimane quello.
Perché questo boom di richiesta di energia? Ci piace pensare che sia legata al desiderio dell’uomo di migliorare le proprie condizioni di vita che nel 700, con l’illuminismo, ha avuto la sua spinta più grande. Agli inizi del 700 si andava a formare una nuova concezione di uomo che avrebbe cambiato la società; non più un uomo ignorante e assoggettato alle leggi di Dio, ma un uomo che grazie all’uso dell’intelletto è in grado di autodeterminarsi.
Questa visone ha comportato quel grande impulso tecnologico che coincide con la rivoluzione industriale. In quel momento parte l’entusiasmo per il carbone, fonte di energia disponibile, valida alternativa al legno fino ad allora la fonte di energia più utilizzata ma che iniziava a scarseggiare e quindi diventare costosa.
Il carbone non deforestava, era presente nel sottosuolo di molti paesi del centro Europa e si prestava molto bene come fonte di energia per le prime macchine a vapore.
In pochi decenni la richiesta di carbone aumentò in maniera esponenziale per alimentare un’industria europea sempre più fiorente, fino a raggiungere gli Stati Uniti d’America.
L’entusiasmo per la risorsa “carbone”, portò ad uno sfruttamento sempre più intensivo dei giacimenti soprattutto in Inghilterra, Russia, Germania e Francia. In questo periodo, la produzione mondiale di carbone passò da poco più di 10 milioni di tonnellate del 1700, a circa 70 milioni di tonnellate nel 1850, a 800 milioni di tonnellate nel 1900. Fino al 1960 il carbone è stata la risorsa di energia fossile più utilizzata, subendo poi la concorrenza del petrolio, più facile da estrarre e trasportare. Oggi, inutile forse puntualizzarlo, il petrolio è la fonte di energia principale e ogni anno ne consumiamo circa 5,4 miliardi di tonnellate!
Seguendo il principio per cui in natura “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”, come prendiamo l’energia intrappolata nel petrolio e la liberiamo per trasformarla in energia elettrica? Con al combustione.
La combustione è una reazione chimica nota come ossidazione; ogni sostanza organica è costituita da molecole in cui atomi di carbonio sono legati tra di loro. Ogni atomo di carbonio può legare fino a 4 altri atomi. In un combustibile fossile spesso 2 atomi sono di altro carbonio, 2 di idrogeno. I prodotti della reazione sono calore, anidride carbonica (CO2) e acqua.
La combustione di 1Kg di gas Metano libera 13.328Kcal, di GPL 11.064Kcal, di Benzina 10.370Kcal, di Gasolio 10.272Kcal, di carbone 8.000Kcal; legna, carta, cartone mediamente 4.000Kcal. Dal punto di vista della resa energetica quindi bruciare 1Kg di carbone equivale circa 2Kg di legna; 1Kg di benzina o gasolio vale circa 2,5Kg di legna, 1Kg di metano o GPL 3Kg di legna.(Meno male che ci sono i combustibili fossili perché se avessimo dovuto bruciare la legna che serve per produrre tutta quella energia, probabilmente non esisterebbe più nemmeno un albero!)
Possiamo quindi dire che a parità di peso, il metano è quello che contiene la maggior quantità di energia, GPL, benzina e gasolio grossomodo sono simili; legno, cartone, ecc sono decisamente meno calorici.
Torniamo alla reazione di combustione; ossidando ovvero bruciando 1Kg di combustibile fossile si producono circa 10.000 Kcal, ma anche 3Kg di CO2, 2 Kg di acqua e si consumando circa 4 Kg di ossigeno.
Anidride carbonica e ossigeno sono due molecole strettamente legate alla vita.
Se pensiamo al ciclo di vita dell’uomo, semplificandolo leggermente, ci accorgiamo che non è molto diverso da un ciclo di produzione dell'energia; ci alimentiamo con sostanze organiche che vengono digerite e trasformate, in parte, in glicogeno (il nostro combustibile). Questo viene immagazzinato nei muscoli (serbatoio). Attraverso la respirazione, il sangue porta l’ossigeno nei muscoli dove avviene la combustione che libera l’energia necessaria per produrre tutto ciò di cui l’organismo ha bisogno. L’anidride carbonica che si forma viene ripresa dal sangue che la porta nei polmoni dove viene espulsa.
Se pensiamo invece al ciclo di vita dei vegetali ci accorgiamo che l’esatto opposto. Lo straordinario meccanismo della fotosintesi clorofilliana consente infatti ai vegetali di usare la CO2 come fonte di carbonio, dal quale costruire tutte le molecole che servono per le loro funzioni. Dalla fotosintesi clorofilliana le piante crescono, producono legno, foglie, fiori, frutta; ciò che producono è alimento (ovvero combustibile per noi) ed è la base della nostra catena alimentare. La CO2 è il loro cibo; la assorbono attraverso le foglie, prendono il carbonio, liberano energia e scaricano l’ossigeno che non gli serve.
Possiamo senza dubbio affermare che la vita per come la conosciamo su questo pianeta, si basa sulla trasformazione delle sostanze organiche in CO2 e sulla reazione opposta che porta alla liberazione dell’O2. Si capisce quindi quanto uomo e natura siano strettamente dipendenti.
Ma ancora, possiamo allargare il pensiero e vedere che il processo di fossilizzazione avvenuto nei millenni altro non è che il sistema che ha “bloccato” la CO2 che era presente in atmosfera. Quella CO2 è stata usata dai vegetali per sostenersi nel loro ciclo vitale alla fine del quale sono caduti, sedimentati, fossilizzati. Forse quel processo durato milioni di anni ha creato le condizioni per la vita sul pianeta; forse l’ossigeno libero, quello che respiriamo oggi, non c’era. Era bloccato nella CO2 e questa era l’unico alimento disponibile. Ma alcuni organismi che definiamo oggi vegetali, sono riusciti ad usarla e a ricavare il carbonio e l’energia necessaria per la loro sopravvivenza producendo come scoria l’ossigeno. Forse è grazie ai vegetali che i livelli di CO2 si sono ridotti ed è comparso l’ossigeno. Forse la CO2 ad un certo punto iniziava a scarseggiare e quindi c’era bisogno di qualcuno che sfruttasse l’ossigeno per produrre CO2; forse siamo usciti dall’acqua perché i vegetali hanno creato un ambiente idoneo al ns sviluppo.
Oggi questi forse sono stati dimostrati. Grazie a noi oggi anche i vegetali hanno a disposizione la loro fonte di energia, la CO2.
Attenzione però; dovremmo provare a stare in equilibrio perché il nostro consumo di ossigeno aumenta a dismisura; siamo 7 miliardi, bruciamo 92,7 milioni di barili di petrolio al giorno (sapete quanto è? un barile sono 159 litri di petrolio; sono 14.700.000.000 cioè quattordicimiliardisettecentomilioni di litri di petrolio al giorno; produciamo quindi 41,16 miliardi di Kg ci CO2, 17,6 miliardi di Kg di acqua e bruciamo 47 miliardi di Kg di ossigeno)
L’estrazione e la combustione di carbone e petrolio, consuma l’ossigeno liberato milioni di anni fa e rimette in atmosfera la CO2 che era stata sottratta allora. L’incremento di CO2 è un dato certo ed evidente. siamo passati da 250ppm di 150 anni fa a circa 400 ppm di ora. Può sembrare poco, ma è un dato mai osservato nelle ere geologiche e, soprattuto, è poco meno del doppio di 150 anni fa.
La CO2 non è mai stata considerata un inquinante perché ci conviviamo, la produciamo e quindi non la riteniamo “velenosa” per la nostra vita (dovreste provare a mettervi un sacchetto in testa chiuso al collo e vedere quanto non è velenosa…)
Ma, se prendiamo la definizione più diffusa oggi di inquinante ovvero “sostanze che, direttamente o indirettamente, costituiscono un pericolo per la salute dell'uomo o per l'ambiente, provocando alterazioni delle risorse biologiche e dell’ecosistema”, ecco che la CO2 entra prepotentemente nella sfera degli inquinanti.
Infatti, oltre a regolare il ciclo del carbonio, la CO2 regola lo smaltimento del calore del pianeta. La radiazione solare che ci raggiunge ogni giorno viene “filtrata” dall’atmosfera, assorbita dalla terra che ne ri-emette un certo quantitativo. I gas presenti nell’atmosfera e in particolare la CO2, esercitano un ruolo schermante nei confronti dell’emissione terrestre trattenendo più a lungo il calore e causando il riscaldamento globale. Se questa non è alterazione delle risorse biologiche e dell’ecosistema
E’ necessario quindi che smettiamo di produrre così tanta CO2 e consumare di conseguenza così tanto ossigeno. Se ogni anno la concentrazione di CO2 cresce, la temperatura del pianeta è destinata a salire, i ghiacci a sciogliersi, le correnti a cambiare, i climi a cambiare; il mondo e le condizioni che ci hanno consentito la vita, cambieranno, sapremo sopravvivere al cambiamento? Forse si, ma non siamo sicuramente la specie più resistente; sappiamo combattere perché siamo pensanti, ma le condizioni di clima che possiamo reggere sono molto modeste. Pensate a quanto fragili siamo; bastano 5°C in più o in meno nel nostro corpo per essere morti!
Relativamente alla CO2 già emessa, dovremmo pensare a come ridurla; ma per questo esistono ancora i vegetali e quindi perché non continuare a usarli? Proviamo infatti a cambiare ancora punto di vista e a pensare alle piante come pile che si caricano con la CO2 e che si scaricano per combustione. La combustione torna a liberare CO2 che viene ripresa da altre piante per “ricaricarsi”. Il ciclo è piuttosto lungo, ma tutto sommato è comprensibile.
Pensiamo quindi di prendere una pianta e bruciarla; nel suo ciclo di vita, quella pianta avrà consumato per caricarsi tutta la CO2 che ora vado a liberare nuovamente.
Se questa pianta ha 20 anni, libererò la CO2 che ha consumato per 20 anni e ci vorranno altri 20 anni perché una pianta identica possa svilupparsi allo stesso livello consumando quella CO2 emessa in pochi istanti; ma complessivamente posso pensare ad un equilibrio di lungo termine; se brucio quello che si crea in uno stesso periodo di tempo, il bilancio complessivo della CO2 consumata e liberata non cambia.
Quando quindi si utilizza il termine “fonti rinnovabili” significa che sto consumando qualcosa che la terra ha prodotto in poco tempo e che è attrezzata per riprodurre in poco tempo. Pensate agli oli vegetali; ogni anno vengono prodotte milioni di tonnellate di oli dalla spremitura di semi oleosi che potrebbero essere bruciati con un bilancio di CO2 che entro 12 mesi verrebbe riequilibrato da una nuova produzione di semi oleosi. L’energia che si trova in 1Kg di olio vegetale è circa 10.000 Kcal ovvero un valore molto simile a quello intrappolato nel petrolio. Ma se libero questa energia e questa CO2, so che basta che la natura riproduca 1Kg di olio vegetale e l'equilibrio è garantito; ho solo usato energia.
I combustibili fossili sono accumulatori che hanno consumato la CO2 presente in atmosfera qualche milione di anni fa. Bruciandoli, torniamo a immettere in atmosfera quella CO2 che era stata consumata dal loro processo vitale e che era scomparsa dall’atmosfera a favore dell’ossigeno e quindi della vita dell’uomo. Usando prodotti da fonti rinnovabili evitiamo l’immissione di CO2 antica e manteniamo un equilibrio dinamico più idoneo alla nostra sopravvivenza.
Forse il mondo se ne sta accorgendo, ma la forza economica e i poteri politici sostenuti dal petrolio sono tali e tanti che sarà molto difficile metterli da parte. Ma ci piace pensare, come nell’illuminismo, che ognuno di noi ha la possibilità di dare il proprio contributo e che solo creando una nuova coscienza potremmo forse lasciare un mondo migliore ai nostri figli. Una goccia alla volta.
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