La formaldeide

L’applicazione del 6° Adeguamento Tecnico del Regolamento CE 605/2014, che ha subìto lo slittamento da inizio 2015 al 1° Gennaio 2016, porta con se tra le novità più importanti, la riclassificazione della formaldeide, biocida ampiamente e da lunghissimo tempo utilizzato per la conservazione di generi alimentari, cosmetici, prodotti chimici.

La classificazione adottata per la formaldeide dal 1° Gennaio 2016 è la seguente

 

 

La formaldeide è una delle materie prime più impiegate nelle sintesi organiche in molte attività produttive. E’ presente sia come impurezza in molte delle cose che comunemente abbiamo in casa (per es. le colle usate per l’assemblaggio dei mobili, pitture e vernici, schiume espanse nelle autovetture) sia come sostanza rilasciata intenzionalmente (per es. nella conservazione di soluzioni o emulsioni acquose si usano biocidi donatori di formaldeide che svolgono azione preservante proprio perché rilasciano formaldeide assicurando azione biocida). La formaldeide è anche un sottoprodotto di reazioni di degradazione organiche che risulta presente, anche se non intenzionalmente impiegato, ad esempio nella frutta. Nelle mele per esempio abbiamo valori di formaldeide fino a 22.3 mg/Kg, nelle pere fino a 60 mg/Kg, nelle albicocche 9.5mg/Kg, nelle banane 16.3 mg/Kg, nell’uva 22,4 mg/Kg; ma anche nelle patate fino a 19,5 mg/Kg, fino a 10 mg/Kg nelle carote, 11mg/Kg nelle cipolle.

Viene quindi da chiedersi; ma se mangiamo una pera (peso medio 200g) e ingurgitiamo 12ppm di formaldeide, siamo a rischio cancro?

La regola che vale sempre è: la dose fa il veleno.

Quello che sappiamo è che la formaldeide è una sostanza pericolosa alla quale siamo probabilmente esposti quotidianamente e che, essendo un gas, tende ad andare nell’aria, abbandonando i mobili, le schiume, la frutta e la verdura, ecc.

Considerando quindi come vie di contaminazione il contatto o l’ingestione, poiché la probabilità di entrare in contatto o ingerire quantitativi pericolosi di formaldeide è modesta, il rischio è basso.

La via più probabile di contaminazione è quindi l’inalazione, quella che nei tests in vitro su cavie, ha dimostrato che dosaggi ripetuti ed elevati di formaldeide portano alla formazione di tumori nel tratto respiratorio.

Per la verità alcuni test eseguiti sull’uomo (cfr. “Il caso della formaldeide” M. Colombo, Health and Product Safety Manager, Lamberti SpA, 12a Conferenza CLP SDS, Milano 16/10/2014) non hanno posto in evidenza una correlazione diretta, tuttavia è d’obbligo osservare la massima cautela quando anche ci siano solo dei sospetti.

Tuttavia se il problema “domestico” è qualcosa di personale nel quale solo il singolo è direttamente responsabile delle sue scelte, professionalmente il datore di lavoro ha l’obbligo di tutelare la salute dei dipendenti. 

Con questa nuova classificazione, sebbene nella valutazione della scheda di sicurezza non compaia la presenza di formaldeide, è necessario verificare se nel processo produttivo è presente perché, nel caso, i lavoratori dovranno essere posti sotto sorveglianza sanitaria. Sarà quindi indispensabile riprendere in considerazione il Documento di Valutazione dei Rischi, rivalutare tutti i cicli di lavorazione in qualsiasi settore e considerare l’eventuale presenza di questo inquinante. A seconda dei risultati, sarà necessario o meno adeguare i metodi di protezione collettivi/individuali. I valori considerati sicuri sono stati fissati per le 8 ore (TLV/8h) in 0,3 ppm (370 µg/m3).

Tornando alla frutta, la domanda che viene spontanea è: ma se in 1Kg di pere posso avere 60mg di formaldeide, allora una azienda che tratta le pere è un ambiente di lavoro a rischio? Possibile che durante la lavorazione delle pere la formaldeide che si può liberare raggiunga livelli di guardia? Pare proprio che sia una eventualità da considerare e quindi che sia necessario indagare.

Lasciamo questi pensieri a chi si occupa di frutta e andiamo a focalizzarci sui prodotti chimici nei quali, a seconda della destinazione d’uso, possono essere presenti sistemi di conservazione che utilizzano formaldeide tal quale o suoi precursori.

In particolare pensiamo ai fluidi lubrorefrigeranti, fluidi che si preparano diluendo in acqua a concentrazioni indicative del 5% un concentrato che contiene un sistema conservante. E’ chiaro che un fluido lubrorefrigerante per essere funzionale, deve sapere resistere ai batteri che quotidianamente lo contaminano al fine di evitare che le stesse emulsioni possano diventare agenti di contagio microbiologico per chi lavora e subire degradazione batteriche spesso causa di dermatiti e cattivi odori.

Tra i sistemi conservanti che hanno trovato più largo impiego in questo campo, troviamo senza dubbio i “donatori di formaldeide”, molecole ingegnose messe a punto parecchi anni fa.

La capacità della formaldeide di agire come potente biocida è nota dai tempi dei faraoni quando la conservazione dei corpi veniva fatta con la formalina o formaldeide che dir si voglia (per la verità è una pratica utilizzata ancora oggi; Lenin, nel suo mausoleo nella Piazza rossa di Mosca, è conservato sotto formalina). Essendo un gas, risulta poco efficiente nei sistemi che richiedono conservazione per lungo periodo poiché l’evaporazione fa perdere principio attivo alla soluzione e quindi o si chiude il sistema impedendo al gas di andarsene o si continua a dosare formaldeide.

Per risolvere questo problema, ecco il lampo di genio; creiamo delle molecole in cui la formaldeide è bloccata con legami chimici veri e propri e che in alcune condizioni la liberino, lentamente, consentendo di mantenere livelli sufficienti alla conservazione ma senza eccedere nell’uso; ecco a voi i donatori di formaldeide.

Esistono due tipologie di donatori di formaldeide; acetali e amminali. I primi sono meno stabili dei secondi, liberano formaldeide più rapidamente e per questo si definiscono rapidi cessori. I secondi sono molto più stabili, liberano quantitativi modesti di formaldeide e per un tempo più lungo; ecco perché sono definiti lenti cessori.

Entrambi, per cedere formaldeide, richiedono diluizione in acqua e preferibilmente ambienti acidi. Certamente la prima condizione in un emulsione lubrorefrigerante in esercizio può essere soddisfatta; la seconda solo in condizioni di forte contaminazione batterica, condizione nella quale è comunque necessario intervenire con un biocida al fine di ripristinare la corretta funzionalità del fluido e ridurre il rischio microbiologico.

Nel momento in cui prepariamo l’emulsione per rabboccare la vasca, diluiamo il prodotto 1/20-1/40; in questa operazione aggiungiamo l’acqua ma otteniamo una miscela che certamente ha un pH > 8,50 sicuramente non acido. Potrò registrare sviluppo di formaldeide? Certamente si, è dimostrabile, ma quanta? E’ giusto pensare che tutta quella bloccata nel formulato si sia già sviluppata?

A questi quesiti attualmente il legislatore e i produttori di biocidi stanno lavorando perché i tempi di rilascio della formaldeide dai donatori è fortemente influenzato dal tipo di legame (acetale o amminale), dalle condizioni operative (pH, temperatura) e dalla concentrazione. Allo stato attuale, anche con la nuova classificazione della formaldeide, nessuno dei prodotti contenenti biocidi donatori di formaldeide può essere classificato cancerogeno, ma il fluido in esercizio?

Certamente, chi ha il compito di valutare la sicurezza sul posto di lavoro, dovrà prendere in seria considerazione la questione, ma, in modo provocatorio, vorrei porre questa domanda: siamo sicuri che rimpiazzare una sostanza statisticamente nota che sappiamo determinare, rilevare, quantificare, che non registra incidenze tumorali particolari per gli operatori del settore meccanico e consente di ottenere in modo economico e pratico il controllo del rischio microbiologico con altri principi attivi meno noti o sperimentali, con meno “storia” statistica, che sono certamente più costosi, sia la soluzione del futuro?

Questa risposta non l’abbiamo. EQ da tempo si è mossa per offrire a chi opera nella meccanica sia un metodo di valutazione del contenuto di formaldeide nell’emulsione, sia una alternativa ai prodotti contenenti donatori di formaldeide.

Le nostre linee di fluidi lubrorefrigeranti, sono disponibili nelle varianti FF ovvero Formaldeide Free. Nel caso foste interessati a valutare il contenuto di formaldeide nelle emulsioni in uso e passare ad un prodotto formaldeide free, non vi resta che chiedere. Buon lavoro.

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